Come vivere lo straordinario del dono nell’ordinario?
A conclusione degli studi, con i primi stipendi in tasca, un fidanzato con cui sognare il futuro, amici che iniziano a uscire di casa e di rientro da un viaggio in Guinea Bissau inizio a sentire parlare di Cohousing e subito sento una scintilla nel cuore.
Sono gli anni in cui si prende in mano la vita, e io con mio marito scegliamo il Cohousing, l’abitare condiviso. Tutte le case che vediamo hanno qualcosa che non sentiamo nostro, senza capire bene cosa, forse hanno le porte troppo chiuse: le relazioni, il mutuo aiuto, la bellezza dell’incontro faticano a entrare.
Nel frattempo ci ricordiamo di tutte le esperienze formative e i cammini spirituali fatti fino a quel momento, che ci interrogano e ci chiedono: quale stile di vita quotidiano possiamo adottare in modo completo, affinché l’attenzione per gli altri non rimanga solo nelle ore residuali ma sia una costante delle nostre vite?
Negli anni, affiancando caparbietà e fortuna, troviamo altre famiglie che coltivano come noi il desiderio di un abitare diverso. Insieme iniziano a mettere le fondamenta del nostro cohousing, che chiamiamo “Uno e sette” (ispirato alla favola omonima di Gianni Rodari).
Prendiamo consapevolezza che non stiamo solo costruendo casa, piuttosto desideriamo camminare e crescere insieme imparando a prenderci cura gli uni degli altri, facendo della diversità un dono da custodire e valorizzare. Vogliamo essere testimonianza di un abitare diverso, ecosostenibile, vivo e vivibile, dove sono fondamentali i rapporti tra le persone e la condivisione di risorse, tempi e spazi. Attraverso la collaborazione e il reciproco sostegno, puntiamo a liberare energie da poter donare e investire sul territorio in cui abitiamo, generando nuove idee e buoni prassi per una cittadinanza attiva e solidale.
Da qui la scelta di realizzare all’interno del cohousing, oltre alle abitazioni dei sei nuclei famigliari e agli spazi comuni, un settimo appartamento per accogliere persone in difficoltà che potranno beneficiare insieme a loro dei frutti del co-abitare. L’appartamento all’interno del cohousing sarà aperto all’accoglienza di singole persone o di famiglie monoparentali che si trovano in una condizione di fragilità e che necessitano di un affiancamento temporaneo nel cammino verso l’autonomia. L’abitazione verrà messa a disposizione rimanendo in ascolto delle necessità del territorio, per esempio accogliendo persone disabili, anziani, mamme con bambino che si trovino in una situazione di difficoltà e ritengano di poter trarre giovamento da un contesto abitativo sereno basato su relazioni solidali.
L’accoglienza in un contesto abitativo solidale come quello del cohousing rappresenta oggi una risposta ai bisogni della società. Mettendo al centro le relazioni, la solidarietà, la sostenibilità e l’ottimizzazione delle risorse delle persone, accoglienti ed accolti innescano nuovi processi di cittadinanza che contaminano positivamente il territorio, coinvolgendolo in un cammino di reciproca crescita.
E allora lo straordinario del donare diventa vita ordinaria, proprio come avevamo sognato. Io dono a Uno e Sette, perché questo progetto possa diventare esempio concreto di un nuovo abitare la “casa” e le sue relazioni, ma anche il quartiere, la città, il mondo.