Mia figlia, Masal, aveva 9 anni. Come ogni mercoledì, la stavo portando di corsa al Palabadminton dove avrebbe iniziato le sue 3 ore di allenamento, senza rinunciare a ingurgitare in macchina il suo meritato Mars (un carico di energia goloso oltre che necessario) prima di iniziare.
Poco prima di arrivare, entrambe vediamo una ragazza poco più grande di lei. Avrà avuto 16 anni, vestita con degli stracci e la mano tesa. Nessuna parola tra noi due, comunicavano i nostri cuori. Non sono uscita da quella rotonda, ho continuato a girare in tondo. Una volta, due volte. La prima volta ho visto gli occhi di Masal incrociarsi con quelli della ragazzina. La seconda ho rallentato e abbassato il finestrino. Vedo il braccino di Masal allungarsi, un sorriso ingenuo e spontaneo, vedo la ragazzina prendere il Mars e i suoi occhi arrivare dritto al cuore della mia Masal.
Usciamo dalla rotonda con un sentimento intenso. Io di complicità e di orgoglio, lei di “scoperta”. Una scoperta che ha fatto uscire Masal dal suo mondo di bambina e le ha aperto gli occhi sul mondo e sull’altro. E’ stato l’inizio di un percorso che dopo 3 anni ci ha portati in Africa a fare volontariato con i bambini.